La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17051/2019 della Seconda Sezione Civile, ha confermato la risoluzione di un contratto di compravendita immobiliare per consegna di aliud pro alio, ovvero per l’inadempimento grave derivante dalla mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile. La decisione fa seguito a una lunga vicenda giudiziaria che ha visto contrapposti Tizio, acquirente dell’immobile, e i venditori Caio e Sempronio.
Il caso concreto
La controversia trae origine dalla compravendita di un immobile situato a Genova, stipulata il 3 novembre 2004. Tizio aveva acquistato l’immobile con la finalità di utilizzarlo come abitazione, ma successivamente è emerso che l’immobile non era dotato del certificato di abitabilità a causa di difetti strutturali gravi, in particolare l’insufficiente altezza interna non conforme ai requisiti previsti dal D.M. 5 luglio 1975 n. 12. Tale circostanza aveva impedito a Tizio di ottenere un mutuo e di concludere una successiva rivendita dell’immobile, configurando così una situazione di grave inadempimento da parte dei venditori.
Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 2437/2016, aveva inizialmente rigettato la domanda di risoluzione contrattuale avanzata da Tizio, ritenendo che la mancanza del certificato di abitabilità non fosse sufficiente a integrare un inadempimento grave. Tuttavia, la Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 134/2019, ha riformato tale decisione, dichiarando la risoluzione del contratto per consegna di aliud pro alio e condannando i venditori alla restituzione del prezzo di acquisto (pari a € 72.400,00) e delle spese processuali.
Le questioni giuridiche affrontate
Il fulcro della controversia risiedeva nella distinzione tra vizi dell’immobile e ipotesi di consegna di aliud pro alio. La Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento della Corte d’Appello, sottolineando che la mancanza del certificato di abitabilità non costituisce automaticamente un inadempimento grave, ma lo diventa quando deriva da difetti strutturali insanabili che rendono l’immobile inidoneo alla sua destinazione abitativa.
La Corte ha richiamato i principi consolidati in materia di aliud pro alio, secondo cui si configura tale fattispecie quando il bene venduto presenta difformità strutturali o funzionali tali da renderlo radicalmente diverso da quello pattuito. In questo caso, la mancanza di altezza minima dell’immobile e l’impossibilità di ottenere il certificato di abitabilità integravano una situazione di difformità strutturale non sanabile, giustificando la risoluzione del contratto per grave inadempimento.
I motivi di ricorso e la decisione della Cassazione
Caio e Sempronio hanno proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattro motivi principali:
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Violazione degli artt. 1453, 1455 e 1477 c.c. – I ricorrenti sostenevano che la mancanza del certificato di abitabilità non giustificasse la risoluzione del contratto, essendo sufficiente la dichiarazione di regolarità urbanistica dell’immobile costruito prima del 1967. La Corte ha respinto l’argomento, ritenendo che la gravità dell’inadempimento derivasse dall’assenza di requisiti strutturali non sanabili.
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Omesso esame di fatto decisivo – I ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello non avesse considerato che Tizio aveva abitato nell’immobile per oltre dodici anni. La Cassazione ha ritenuto infondata la censura, evidenziando che il difetto strutturale permaneva indipendentemente dall’uso dell’immobile.
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Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello non avrebbe esaminato l’eccezione di prescrizione dell’azione di risoluzione. La Cassazione ha respinto il motivo, chiarendo che la prescrizione riguardava solo l’azione di eliminazione dei vizi (ex art. 1490 c.c.) e non quella di risoluzione per inadempimento.
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Prescrizione dell’azione di risoluzione – I ricorrenti sostenevano che l’azione di risoluzione fosse prescritta, essendo decorso il termine decennale dalla stipula del contratto. La Cassazione ha rigettato il motivo, rilevando che il procedimento di mediazione, avviato prima della scadenza del termine di prescrizione, aveva interrotto il decorso del termine.
Conclusioni
La Cassazione ha dunque confermato la gravità dell’inadempimento e la legittimità della risoluzione del contratto per consegna di aliud pro alio, condannando i venditori alla restituzione del prezzo di acquisto e al pagamento delle spese processuali. La decisione si inserisce nell’alveo di un consolidato orientamento giurisprudenziale che riconosce la risoluzione del contratto di compravendita in presenza di difetti strutturali insanabili, che rendano l’immobile inidoneo alla sua funzione abitativa.