LOCAZIONI: DISDETTA INEFFICACE SE TUTTI I COMPROPRIETARI NON SONO D’ ACCORDO.

Pubblicato da il 19 giugno, 2018

Gli atti di amministrazione di un bene immobile in comunione possono essere compiuti disgiuntamente da tutti i comproprietari, presumendosi il consenso di ciascuno di essi data la comunanza di interessi; a meno che si deduca, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza degli altri comproprietari. Pertanto, deve considerarsi inefficace la disdetta per finita locazione comunicata da uno solo dei comproprietari alla parte conduttrice in caso di provato dissenso degli altri comproprietari dell’immobile locato. Questo è quanto emerge dalla sentenza 344/2018 del Tribunale di Aosta.

Il caso – La controversia prende le mosse dalla disdetta per finita locazione inviata alla società conduttrice dell’immobile, destinato ad uso commerciale, da parte di una signora, comproprietaria del bene assieme ad altre tre persone. A seguito del mancato rilascio dell’immobile da parte della società, la signora si rivolgeva al Tribunale intimandole sfratto per finita locazione. All’udienza di convalida, tuttavia, la società conduttrice dei locali si opponeva allo sfratto ritenendo nulla l’intimazione, in quanto gli altri comproprietari dell’immobile «avevano già da tempo apertamente manifestato il proprio dissenso rispetto alla disdetta», inviata autonomamente da uno soltanto dei comproprietari senza accordo tra i medesimi. Per tale ragione, dunque, la società conduttrice riteneva che la locazione doveva intendersi rinnovata alle stesse condizioni e chiedeva, per contro, la condanna della comproprietaria per lite temeraria.

Necessario il consenso di tutti i comproprietari – Il Tribunale sposa in pieno la tesi della società conduttrice, dichiarando infondata la richiesta di sfratto e condannando altresì la locatrice al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c.. Quanto alla disdetta, il giudice ricorda l’insegnamento della Cassazione, secondo cui in relazione al «diritto di comproprietà vige il principio della concorrenza di pari poteri gestori in capo a tutti i comproprietari, per cui ciascuno di essi è legittimato ad agire contro chi vanti diritti di godimento sul bene, attesa la comunanza di interessi tra tutti i contitolari del bene medesimo, tale da lasciar presumere il consenso di ciascuno all’iniziativa giudiziaria volta alla tutela degli interessi comuni, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza degli altri comproprietari, nel qual caso è necessario il preventivo intervento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 c.c.». Pertanto, se il comproprietario compie un atto di amministrazione del bene in comunione, quale è anche «l’agire per finita locazione contro i conduttori della cosa comune», la presunzione del consenso può essere superata «dimostrando l’esistenza del dissenso degli altri comunisti». E nel caso di specie, la disdetta per finita locazione comunicata dalla signora comproprietaria alla parte conduttrice non può che ritenersi inefficace, «a fronte del provato dissenso dei comproprietari dell’immobile locato».

La condanna per lite temeraria – Quanto alla domanda ex articolo 96 comma 3 c.p.c., poi, il Tribunale osserva che il giudice è tenuto a valutare d’ufficio l’eventuale temerarietà dell’iniziativa giudiziale assunta dalla parte soccombente in giudizio, potendo in caso di esito positivo condannare la parte medesima al pagamento nei confronti della parte vittoriosa di una somma equitativamente determinata. E nella fattispecie, il Tribunale non può che ravvisare i presupposti per tale condanna, «a fronte della chiara manifestazione di dissenso resa dai comproprietari dell’immobile locato allorché informati della disdetta intimata alla parte conduttrice», essendo l’iniziativa giudiziale «assunta con colpa grave, almeno nella ingiustificabile ignoranza della sua infondatezza».