ASSEGNO DI DIVORZIO: IL PRINCIPIO DELL’ AUTORESPONSABILITA’ ECONOMICA DEI CONIUGI
il 1 dicembre, 2017La sentenza 10 maggio 2017, n. 11504 della Suprema Corte di Cassazione, con assoluta novità e attraverso un complesso iter argomentativo, nell’affermare il principio dell’autoresponsabilità economica degli ex coniugi quali persone singole quale criterio che deve informare l’accertamento giudiziale volto al riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio, mette in discussione anni di pronunciamenti giurisprudenziali sui criteri per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Il collegamento dell’assegno di divorzio nella sua entità al parametro del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” non è più ritenuto attuale dalla recente sentenza 10 maggio 2017 n. 11504 della Corte di Cassazione che, mutando il proprio orientamento, collega la spettanza dell’assegno al parametro della valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica del coniuge che lo richiede. Secondo quanto statuito dai giudici di legittimità l’autosufficienza può essere desunta dai principali indici del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale, della stabile disponibilità di una casa di abitazione. Per comprendere appieno la portata innovativa e l’impatto del nuovo orientamento che si profila con la sentenza 10 maggio 2017, n.11504 occorre ripercorrere i principi che hanno regolato la materia in questi anni.
Il comma 6 dell’articolo 5 della legge n.898 del 1970, nel testo sostituito dall’articolo 10 della l. n. 74 del 1987, nello stabilire: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”, mostra con evidenza che il giudizio per l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articola in due fasi il cui oggetto è costituito, rispettivamente, dall’eventuale riconoscimento del diritto (fase dell’an debeatur) e, solo all’esito positivo di tale prima fase, dalla determinazione quantitativa dell’assegno (fase del quantum debeatur). Il diritto all’assegno di divorzio è condizionato dal previo riconoscimento di esso in base all’accertamento giudiziale della mancanza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, dell’impossibilità dello stesso “di procurarseli per ragioni oggettive”.
Il parametro di riferimento al quale rapportare l’“adeguatezza inadeguatezza” dei “mezzi” del richiedente è stato costantemente individuato dalla Suprema Corte di Cassazione, sia prima sia dopo la pronuncia delle Sezioni Unite n. 11490 del 1990, nel “tenore di vita” analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio. Pertanto configurato il diritto all’assegno come strumento volto ad assicurare al coniuge richiedente la disponibilità di quanto è necessario per godere di un tenore di vita adeguato alla pregressa situazione economico-sociale, occorre procedere quindi ad una valutazione comparativa della situazione delle parti, verificando in particolare l’attuale posizione reddituale e patrimoniale dell’obbligato, con riferimento alle potenzialità ed alle aspettative maturate durante il matrimonio. Ed invero secondo il costante e pacifico orientamento giurisprudenziale l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, che tiene conto non solo dei suoi redditi, ma anche dei cespiti patrimoniali e delle altre utilità di cui può disporre per conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che sia necessario uno stato di bisogno dell’avente diritto, ma essendo sufficiente anche soltanto l’apprezzabile deterioramento delle precedenti condizioni economiche in dipendenza del divorzio, è stato il presupposto essenziale per la prosecuzione dell’indagine volta alla quantificazione dell’assegno di divorzio. Il necessario parametro di riferimento costituito dall’inadeguatezza dei mezzi, da raffrontare ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente o ragionevolmente fondarsi su aspettative offerte dalle condizioni economiche o professionali del coniuge durante il matrimonio, comporta che nell’individuazione di tali aspettative debba tenersi conto delle prospettive di miglioramenti economici maturate nel corso del matrimonio che trovino radice nell’attività all’epoca svolta, nel tipo di qualificazione professionale e della collocazione sociale dell’onerato, così da includere nel detto parametro di riferimento quegli incrementi delle condizioni patrimoniali dell’ex coniuge che si configurano come ragionevole sviluppo di situazioni e aspettative presenti durante il matrimonio. L’accertamento del giudice del merito in ordine alle condizioni economiche dei coniugi ed al reddito di entrambi deve essere compiuto, non in astratto, bensì in concreto; pertanto, detto giudice non può basare la propria decisione su un mero apprezzamento probabilistico, non fondato su dati realmente esistenti con riferimento alla specifica fattispecie (in tal senso Cass. 29.3.2006, n. 7117).
Inoltre il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito (sia pure molto elevato) emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio, immobiliare ed anche mobiliare (Cass. 23.4.2010, n. 9713).
Sulla natura dell’assegno in questione la giurisprudenza dominante ne ha affermato la prevalente natura assistenziale, intesa come dovere di solidarietà post-coniugale ovvero come dovere giuridico di aiutare economicamente l’ex coniuge e che come tale deve essere disposto in favore della parte istante la quale disponga di redditi insufficienti a condurre un’esistenza libera e dignitosa, tuttavia secondo i principi che si evincono dalla sentenza n. 11504/2017 della Suprema l’assegno deve essere contenuto nella misura che permetta il raggiungimento dello scopo senza provocare illegittime locupletazioni.
Secondo il ragionamento seguito dai giudici di legittimità nella precitata sentenza il carattere condizionato del diritto all’assegno di divorzio – comportando ovviamente la sua negazione in presenza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente o delle effettive possibilità” “di procurarseli”, vale a dire della “indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso – comporta che, in carenza di ragioni di “solidarietà economica”, l’eventuale riconoscimento del diritto si risolverebbe in una locupletazione illegittima, in quanto fondata esclusivamente sul fatto della “mera preesistenza” di un rapporto matrimoniale ormai estinto, ed inoltre di durata tendenzialmente sine die. Il discrimine tra “solidarietà economica” ed illegittima locupletazione sta, perciò, proprio nel giudizio sull’esistenza, o no, delle condizioni del diritto all’assegno, nella fase dell’an debeatur. Il giudizio sull’adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilita per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli va individuato nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente, pertanto se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.