IL MARITO NON PUO’ NEGARE L’ASSEGNO ALL’EX MOGLIE SOSTENENDO LA SUA CAPACITA’ LAVORATIVA

Pubblicato da il 10 novembre, 2017

In tema di separazione dei coniugi e di attribuzione, a uno di questi, di un assegno di mantenimento, la sua attitudine al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 17971 del 20 luglio 2017.

I fatti – Nella specie il giudice del merito aveva attribuito alla moglie un assegno di mantenimento atteso che questa dall’8 agosto 2014 non aveva svolto attività lavorative retribuite di carattere continuativo, e che quindi non rilevava la sua astratta attitudine al lavoro proficuo, difettando comunque qualunque concreta capacità di guadagno, mentre il marito poteva contare su una fonte di reddito stabile e continuativa, esercitando la professione di promotore finanziario, disattendendo dichiarazioni dei redditi da lui prodotte, posto che le somme ivi risultanti non erano neppure sufficiente a far fronte agli esborsi mensili accertati. In applicazione del principio che precede la Suprema corte ha confermato tale statuizione.

Sempre nello stesso ordine di idee, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica, Cassazione, sentenze 13 febbraio 2013, n. 3502, in Guida al diritto, 2013, f. 15, p. 44, ove la precisazione che, peraltro, l’attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche e che in applicazione di tale principio ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva negato un contributo al mantenimento alla moglie in considerazione della sua giovane età, delle sue buone condizioni di salute, del possesso di un diploma di laurea, dell’esperienza professionale pregressa, senza, tuttavia, valutare le condizioni reddituali e patrimoniale al momento dell’accertamento della sussistenza del diritto e 25 agosto 2006, n. 18547 (come la pronunzia in rassegna evidenzia, l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche).

Analogamente, altresì, Cassazione, ordinanza 4 aprile 2016, n. 6427, che ha confermato la sentenza impugnata che, nel quantificare l’assegno di mantenimento riconosciuto alla moglie, aveva valutato il titolo di studio universitario e l’abilitazione professionale da lei posseduti ma anche le sue presumibili difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro dovute all’età e alla mancanza di precedenti esperienze professionali. (Ivi, altresì, la precisazione che l’apprezzamento della documentazione fiscale prodotta dalla parte non ha efficacia vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il proprio convincimento su altre risultanze probatorie. Parametro di riferimento indispensabile ai fini della valutazione di congruità dell’assegno resta il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio).

Gli orientamenti dei giudici di merito – Nello stesso senso, per i giudici di merito, in tema di mantenimento della ex moglie, il mantenimento deve essere tale da consentire il raggiungimento non già della mera autosufficienza economica, bensì di un tenore di vita sostanzialmente non diverso rispetto a quello goduto in costanza di matrimonio, onde l’accertamento della relativa capacità lavorativa va compiuto non nella sfera della ipoteticità o dell’astrattezza, ma in quella della effettività e della concretezza dovendosi all’uopo tenere conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del caso di specie con riferimento ad ogni fattore economico, sociale, ambientale e territoriale, Tribunale di Roma, sentenza 9 maggio 2014, n. 9982.  Sostanzialmente in un’ottica diversa – rispetto alla giurisprudenza ricordata sopra – in altre occasioni, peraltro, si è affermato che in tema di assegno di mantenimento, non è sufficiente allegare meramente uno stato di disoccupazione, dovendosi verificare, avuto riguardo a tutte le circostanze concrete del caso, la possibilità del coniuge richiedente di collocarsi o meno utilmente, ed in relazione alle proprie attitudini, nel mercato del lavoro.

Cass., sent. 27 dicembre 2011, n. 2887.